ITA
\”Nel 2001 vivevo a Roma e non sapevo bene con chi confrontarmi. Avevo 27 anni e già da tempo facevo fotografia a modo mio, ma non sapevo come questa cosa avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di più concreto. Nel frattempo, cercavo di fare esperienza, di guadagnare un po\’ di soldi in qualsiasi modo possibile e di migliorare la mia tecnica. Andavo regolarmente in Slesia, in Polonia, e vi trascorrevo lunghi periodi. Ero preoccupato per il futuro e la voglia di cambiare mi spingeva altrove, così decisi di trasferirmi a Milano.
Ero alla ricerca di un lavoro, di un punto di partenza, della mia identità nel mondo degli adulti. Ero combattuto tra ciò che diceva la mia testa e i suggerimenti della voce interna con cui ho sempre avuto un dialogo intenso: mi parla e mi guida, e spesso alcuni suggerimenti fanno paura perché hanno poco a che fare con la razionalità. Pensavo che fosse quasi impossibile vivere di fotografia alle mie condizioni, ma volevo provarci e non avevo idee migliori. L\’ambizione di un\’assoluta libertà espressiva si scontrava con un certo senso di pudore che mi impediva di mostrare, senza filtri, le mie fotografie, perché temevo che potessero spaventare coloro che avrebbero potuto commissionarmi un lavoro editoriale, e quindi l\’editing delle mie immagini era molto complicato in quel periodo. Non avevo punti di riferimento in carne e ossa, mi ero formata attraverso la musica e i libri, ma non avevo ancora incontrato un fotografo con cui condividere una direzione e una visione.
Gli anni di cui si parla in questo volume sono stati quelli di una grande quantità di fotografia – troppa, addirittura inutile. Scattate ovunque, per strada, nelle stanze, nei bar, sui treni, con gli sconosciuti, con gli amici. Anni ossessivi guidati da forze invisibili, dentro e fuori di me. Non sappiamo nulla\”.
Lorenzo Castore
ENG
\”In 2001, I was living in Rome and didn’t really know where to turn. I was 27 years old and I had been doing photography in my own way for some time already, but I wasn’t sure how it could turn into something more concrete. In the meantime, I was trying to gain experience, earn a bit of cash in any way possible, and improve my technique. I was going to Silesia in Poland regularly and spent long periods there. I was worried about the future, and the desire for change was pushing me elsewhere, so, I decided to move to Milan.
I was looking for a job, a starting point, for my identity in the adult world. I was torn between what my head was saying and the suggestions being made by the internal voice that I’ve always had an intense dialogue with: it talks to and guides me, and often some of the suggestions are quite scary because they have little to do with rationality. I used to think it was almost impossible to make a living out of photography on my own terms, but I wanted to try and didn’t have any better ideas. The ambition of absolute expressive freedom clashed with a certain sense of modesty that was restraining me from showing, without filters, my photography because I feared it could scare those who might have commissioned me for editorial work, and so editing my pictures was very complicated at that time. I didn’t have reference points in flesh and blood, I had formed myself through music and books, but I had not yet met a photographer with whom I could share a direction and a vision. […]
The years spoken about in this volume were those of a great deal of photography — too much, useless even. Taken everywhere, in the street, in rooms, in bars, on trains, with strangers, with friends. Obsessive years guided by invisible forces, inside and outside of me. We know nothing.”
Lorenzo Castore